Storia
La grotta
Il cuore del Santuario è la grotta, che lunga 96 m e larga 20 m, è un esempio unico in Italia, in cui gli elementi dell’acqua, della luce e della roccia la rendono esclusiva. La cavità è uno dei fori naturali all’interno delle Orobie, formatasi grazie al fenomeno dell’erosione dell’acqua, che sgorga fino ad arrivare sul fondo della caverna al di sotto della volta, che che sostiene tutto il peso della roccia sovrastante.
L’acqua, fin dall’antichità fonte di refrigerio per chi raggiungeva il Santuario, è un elemento di purificazione e di speranza: gli stessi emigranti valdimagnini portavano con sé boccette d’acqua benedetta, come prezioso legame con la loro terra nativa.
L’attuale corna busa, ‘roccia bucata’ nel dialetto locale, è la conseguenza dell’erosione dell’acqua, ma anche dai vari lavori avvenuti nel Novecento per il consolidamento del massiccio banco calcareo sovrastante e il rifacimento del pavimento. Niente colonne e niente marmi, solo pareti di roccia e tanta meraviglia di fronte a un prodigio della natura che gli uomini e il tempo hanno voluto rivestire di sacro. L’intero edificato del Santuario spicca per il suo candore nel verde lussureggiante che contraddistingue quest’area orobica. Dal piazzale antistante la sacra grotta, si gode un panorama suggestivo e di ampio respiro su tutta la zona circostante, evocando riflessioni e sensazioni mistiche.
I vari lavori hanno reso il luogo più accessibile ai pellegrini: gli edifici, costruiti prima per eremitaggio e poi per accogliere i fedeli, assieme alla torre campanaria della fine del ‘700, diventano parti di un vero e proprio luogo di culto. Tali edifici risultano già in alcuni disegni di Giacomo Quarenghi, uno degli architetti illustri di origine valdimagnina, realizzati nella seconda metà del Settecento e conservati presso la Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo.
La Madonna della grotta
La devozione accresce in seguito al primo miracolo, in cui una pastorella sordo-muta, rifugiatasi nella grotta con il suo gregge per sfuggire ad un temporale, fu attratta dall’effigie della Madonna, e inginocchiatasi a pregare, riacquisì voce e udito. Dopo il primo miracolo la devozione a Maria Addolorata accresce portando così, a partire dal ‘500, alla costruzione del Santuario dedicato al culto della Madonna della Grotta, che in seguito divenne Madonna della Cornabusa.
La statuetta, raffigurante la Madonna Addolorata, ha un’altezza di quaranta centimetri ed è stata scolpita in un legno di squisita fattura, che le analisi scientifiche hanno datato alla prima parte del XV secolo, di provenienza toscana. Non si conosce il percorso che abbia potuto fare dalla Toscana fino a questo lembo della Valle Imagna. Inoltre racconti popolari riportano che, dopo l’evento miracoloso, la statua venne trasferita prima nella chiesa di Bedulita e successivamente in quella di Cepino e che in entrambe le occasioni sarebbe stata ritrovata miracolosamente nella grotta, da cui non venne più spostata.
L'incoronazione della Madonna
La cerimonia di incoronazione fu fissata per l’anno 1908: per tutto il mese di settembre si svolsero feste solenni. Tra i firmatari del documento, che attesta l’Incoronazione, figura il sacerdote Angelo Giuseppe Roncalli, allora segretario del Vescovo di Bergamo.
A causa delle due Grandi Guerre Mondiali, la festa della Madonna della Cornabusa fu sospesa e ripresa successivamente, a partire dal 1958 ad oggi, in settembre, con grande partecipazione da parte della popolazione e di tutti i fedeli.
I miracoli e gli ex voto
Altri segni di tale prodigio sono testimoniati dagli ex-voto, che ricoprono la parete sinistra della grotta: questi “atti di devozione”, come li ha definiti Papa Giovanni XXIII, oggetti artistici di arte minore, sono la storia del Santuario e la manifestazione del bisogno di devozione, che non ha mai smesso dalle origini di questo luogo sacro.
Papa Giovanni XXIII
Oggi una statua in bronzo, dello scultore Gregorio Cividini, raffigurante il Santo Papa, veglia dal 2000 la grotta del Santuario.